giovedì 15 dicembre 2011

L'ultima donna sulla terra (Last Woman on Earth, 1960) Di Roger Corman

Non si può iniziare un blog di commenti sul cinema scadente o massacrante se non con un filmazzo del re del B movie, Roger Corman.

Richard Mateson nel 1954 se ne usciva con un racconto spettacolare, Io sono leggenda, che avrebbe generato tante, troppe, pellicole, a volte seguendo alla lettera la carta stampata a volte prendendo ispirazione.
E' il caso di La fine del mondo (The Wolrd, The Flesh and The Devil) del 1959 con Harry Belafonte, un ottimo film ed è il caso anche di questa pellicola a colori dell'anno successivo.
Siamo a Porto Rico, un ricco non si sa cosa bene è in vacanza con la moglie, nuova di pacca, e invece di vistare al meglio l'isola, sono assidui spettatori delle lotte clandestine di galli. A rompere l'idillio subentra l'avvocaticchio, Martin, giovane e con la testa sulle spalle. Deve portare sulla retta via e responsabilizzare il riccone, un pò troppo leggerino negli affari e con la legge. Un giorno decidono di svagarsi e fare una bella immersione al largo. I 3 una volta riemersi scoprono che manca l'aria (e qui la genialità, loro hanno le bombole da sub) e che sono tutti morti. Loro sono gli unici sopravvissuti.
Dopo un breve periodo di pace e spensieratezza, mica tanto c'è solo morte e desolazione, nasce il conflitto. Martin, l'avvocato, è una persona di cervello, razionale, fin troppo calcolatore e impostato. Harold, il ricco, è tutto il contrario, passionale, verace, macho, per dirla à la Tree of life, lui è la natura. E poi c'è Eve, l'oggetto del desiderio. Non sta bene con Harold, inizia innamorarsi di Martin e questi ricambia, sostenendo che il matrimonio non ha più valore legale, dato che siamo in piena apocalisse.
Insomma, sulla carta, WOW! che filmone. Io adoro questo filone da unici sopravvissuti sulla terra e qui c'è molta carne al fuoco. Personaggi interessanti, una trama esile ma accattivante, peccato il resto. Soprattutto i dialoghi. Sono davvero poco ispirati, scritti di fretta e che si sposano malamente con le bocche che li proferiscono.
Non tanto per gli attori, tutti pessimi, soprattutto Martin (Harold invece, Anthony Carbone, sembra una brutta copia di Humphrey Bogart), ma perchè sono frasette mal costruite, a volte neanche connesse bene tra loro. Sono personaggi profondi ma se ne escono con delle vere e proprie stronzate. Il top è sulla spiaggia. Eve "Tu che cosa sogni?" Martin "Nulla, sono troppo razionale".
Si salva un buon dialogo sulla puzza del mondo che avviene tra Harold e Martin, solo che poi viene rovinato da una lunga lotta a suon di pesci in faccia, e non è una metafora. Ottimo invece il finale, scenograficamente parlando, ambientato in una vecchia fortezza spagnola e concluso in una chiesa moderna.
In definitiva è un film con potenziale enorme che mostra tutti i suoi possibili pregi ma che poi delude, ma non annoia, durando solo 64 minuti. Se non ci fosse stato dietro Corman, forse avrebbe avuto più fortuna, come il film con Belafonte.

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